Indicazioni: S.S. 113 Mortelle - via torre bianca - via fortino - vicino risacca dei due mari.
Ritorna alla luce il Faro romano di Capo Peloro
Messina - Nel corso del XIX secolo tutta l’area costiera e lacustre di Capo Peloro fu interessata dalla presenza e dalle opere della marina inglese, che presidiarono Messina e lo Stretto dal 1799. Gli inglesi costruirono molte batterie sulla spiaggia, resero carrozzabile la via Consolare Pompea fino appunto alla “Torre del Faro”, collegarono con i canali ancora visibili il Lago di Faro (Pantano Piccolo) e il Lago di Ganzirri (Pantano Grande) con il Tirreno e con lo Stretto, bonificando il sistema lacustre della duna.
Infine, altra importante traccia del loro passaggio, è il torrione visibile presso il Capo, conosciuto appunto come Torre degli Inglesi. Ascrivibile al basso medioevo ma con diversi elementi cinquecenteschi, la struttura è stata risistemata definitivamente nella forma attuale agli inizi dell’800 appunto dai britannici, alla fine dell’800 dai responsabili dell’esercito umbertino e, infine, durante la II Guerra Mondiale.
All’interno della Torre, nell’ambito dei lavori di restauro e recupero del complesso edilizio del parco Horcynus Orca, sono cominciate nel 2001 le ricerche gli archeologi della Soprintendenza, riprese negli ultimi giorni. Nel corso degli scavi sono stati riportati alla luce diverse parti di un imponente monumento di epoca romana, interpretato come i resti del faro costruito per aiutare il transito dei naviganti attravero lo Stretto. In particolare, quello che emerso è un basamento quadrato a tre gradini di 25 metri per lato, che poggia su una ulteriore fondazione in cocciopesto. Sebbene l’interpretazione non sia del tutto confermata, i tre gradini potrebbero plausibilmente essere i resti della base del faro di età romana, che sarebbe quindi la struttura raffigurata in un emissione argentea di Sesto Pompeo, un denario datato al 42-40 o al 38-36 a.C., comunque in epoca precedente alla sconfitta di Sesto Pompeo e contemporanea al suo “dominio” sulla Sicilia e sullo Stretto.
Nei diversi conii di questa moneta, il faro presenta la presenza di elementi differenti: a volte appaiono due finestre, un marcapiano, una possibile porta, una possibile balconata. La Torre di Peloro, oltre che raffigurata in queste emisioni, viene citata anche da Strabone nella Geografia (III,5,5) assieme ad una torre analoga presso il Poseidonio di Reggio, in località Cannitello e quindi in un punto prospiciente il lato siciliano dello Stretto. Adesso, dopo circa 7 anni di ricerche e approfondimenti, i lavori di scavo, recupero e valorizzazione stanno per terminare, dando l’avvio all’istituzione di un Antiquarium che sorgerà proprio all’interno della Torre e in diretta prossimità degli scavi, che saranno ovviamente musealizzati.
Il percorso amplierà l’offerta culturale complessiva del già ricco Parco Horcynus Orca, con alcune sale dedicate ai reperti e una decina di teche.
Il significato della scoperta e dell’opera è facile da comprendere. Il faro di Capo Peloro è uno dei più celebri e più importanti dell’antichità, la scoperta è senz’altro clamorosa. Il plauso si amplifica poi per il progetto di musealizzazione e valorizzazione, effettuato secondo le metodologie più aggiornate: un antiquarium realizzato nel luogo stesso della scoperta, prossimo agli stessi scavi, inserito in un conteto ambientale e culturale curato e all’avanguardia come l’Horcynus Orca.
Un nodo sinergico tra scienza, archeologia, cultura, turismo, ambiente e socialità che potrebbe tranquillamente fare da capofila a progetti di valenza internazionale.
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